Il futuro delle città è senz’auto, perché la sicurezza, la riduzione del traffico, dell’inquinamento e dei tempi di spostamento sono valori che stanno a cuore a tutti, automobilisti compresi. E che hanno un impatto forte sul benessere e sulla qualità della vita di chi in città ci vive e ci lavora.
Una nuova visione di città
La visione della città sta cambiando. Solo nel nostro Paese, gli incidenti stradali provocano più di 3.300 morti all’anno. Un numero enorme, come se precipitasse un Boeing 747 quasi ogni mese. Non solo: vanno considerati gli alti costi sociali diretti e indiretti per i danni del traffico e dell’inquinamento sull’ambiente.
La visione della città sta cambiando. Solo nel nostro Paese, gli incidenti stradali provocano più di 3.300 morti all’anno. Un numero enorme, come se precipitasse un Boeing 747 quasi ogni mese. Non solo: vanno considerati gli alti costi sociali diretti e indiretti per i danni del traffico e dell’inquinamento sull’ambiente.
Che fare? Tanto per cominciare, consumare meno territorio evitando di costruire altre strade su cui far correre le macchine. Perché nuove strade generano nuovo traffico. Nell’ingegneria dei trasporti, le strade vengono considerate come le tubature dell’acqua: se si aprono nuove deviazioni, l’acqua andrà a occuparle tutte. In Olanda, dal 1972 una legge impone di costruire solo dopo aver realizzato prima le infrastrutture. Con l’obbligo di prevedere una fermata di autobus nel raggio di 500 metri o una di treno nel raggio di 2 km da ogni nuovo insediamento. Una legge che risale a più di quarant’anni fa, ma che sembra anni luce avanti rispetto alla realtà italiana.
L’unica soluzione è ripensare l’uso degli spazi. La prima cosa è puntare sulla sicurezza. Abbassando la velocità, innanzi tutto. Perché una viabilità più lenta non comporta benefici solo per pedoni e ciclisti, ma anche per gli stessi automobilisti: andando più piano si riducono rumore, inquinamento e consumi. Per farlo, però, non basta mettere un cartello che impone di non superare i 30 km/h: se la strada rimane la stessa di prima - larga, senza elementi di moderazione del traffico (dossi, chicane, cordoli, isole ecc) e senza autovelox - sarà difficile rispettare i limiti.
Meno spazio carrabile significa abbassare la velocità delle macchine, migliorare la circolazione di pedoni e ciclisti e favorire la creazione di aree verdi o zone di sosta. La strada quindi come spazio aperto, sicuro e condiviso, da restituire alle persone. E’ sempre più forte la richiesta da parte dei cittadini di pensare la strada non solo come arteria per il traffico urbano dei veicoli a motore, quanto come spazio di relazione tra diversi utenti (automobilisti, pedoni, ciclisti, residenti, studenti ecc) con diverse funzioni (ricreative, commerciali, legate ai trasporti ecc). In un contesto cittadino più equilibrato l’anziano si sente sicuro, il bambino può andare a scuola a piedi, il commerciante è contento perché la strada è vivibile se ci sono più negozi, verde e panchine. E se poi la strada è anche bella, vissuta, ben illuminata e frequentata, diminuiscono degrado e delinquenza.
Se la città non è proprietà né territorio incontrastato delle macchine, può tornare a essere luogo di incontro e socializzazione. Non solo potrebbe aiutare anche a riscoprire e valorizzare i centri storici, che oggi soffrono di abbandono anziché rivalutare i centri, luoghi dove la gente va a passeggiare, si incontra e fa acquisti.
In Italia ancora oggi passa l’idea di un conflitto perenne tra utenti della strada: automobilisti contro ciclisti, pedoni contro automobilisti, anziani contro giovani ecc. Quando invece in Europa si mette al centro del dibattito il benessere e la qualità della vita urbana, che non è frutto di una lotta di parte ma un valore universale da cui tutti hanno da guadagnare: anche chi continua a usare la macchina
Grazie Marina B.